Sabato 19 febbraio, alle ore 17, al Museo Castromediano (Viale Gallipoli 28, Lecce) un walkabout (esplorazione partecipata radionomade) di Urban Experience attraverserà la mostra “Archè/Téchne” di Michele Sambin (curata da Bruno di Marino e realizzata da Cineclub Canudo con Italia Council.
Sarà l’occasione per fare esperienza del Museo Castromediano come Laboratorio di Comunità (concetto che connotò l’inaugurazione del nuovo corso del Museo nel settembre 2019) con la partecipazione di operatori della Fondazione Emmanuel (con cui Urban Experience ha condotto diversi walkabout a Lecce) impegnati nella rigenerazione transculturale e frequentatori del centro di prossimità “Casa Comune”, tra cui alcuni senza fissa dimora.
La mostra si delinea come un’opportunità per individuare alcune matrici di Memoria dell’Avanguardia e proiezioni nel Futuro in cui ripristinare il senso naturale delle cose andato perduto. Durante la conversazione, condotta da Carlo Infante attraverso una “radio che cammina” concepita per coinvolgere i partecipanti, emergerà la particolarità degli sguardi partecipati, l’eco di esperienze salentine emblematiche (come “Genius Loci” nel 2004 a Galatina, un progetto ideato con Gino Santoro dell’Università di Lecce di cui Sambin fu protagonista), le sottili interazioni tra arti e tecnologie, battendo il tempo del Contemporaneo.
L’esplorazione confluirà alle ore 18 nel Re-enactment della Performance originale “Il Tempo Consuma” del 1978 attraverso la creazione di una nuova installazione immersiva che parte dal video storico per attraversare l’utilizzo delle più moderne tecnologie digitali. Il sistema di apparecchiature analogiche (1978) grazie al CSC dell’Università di Padova è stato trasformato in dispositivo digitale (2021) ma la materia visiva e sonora è rimasta la stessa. Una digressione tecnico-poetica dall’analogico al digitale realizzata personalmente da Michele Sambin al centro dell’opera ospitata al Castromediano.
Al termine della Performance sarà lo stesso artista ad accompagnare gli ospiti in una suggestiva visita guidata nel percorso espositivo della mostra a lui dedicata.
Ingresso gratuito
Prenotazione obbligatoria al numero 0832 373572 o attraverso App IoPrenoto
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“Michele Sambin: Archè/Téchne” è il titolo di un progetto realizzato da Cineclub Canudo in collaborazione con il Polo biblio-museale di Lecce, che permetterà al museo di acquisire, nella propria collezione permanente, la videoinstallazione “Il tempo consuma” di Michele Sambin, un’opera fondamentale nella storia dell’arte contemporanea, per l’innovazione apportata da Sambin al linguaggio artistico del video e della performance, per effetto del suo sapiente utilizzo creativo delle nuove tecnologie e per aver ideato e introdotto per primo la tecnica del videoloop a partire dal 1978. Il progetto, a cura di Bruno Di Marino, con la direzione organizzativa di Antonio Musci e Daniela Di Niso, è realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione, 2020), programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo, della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, che renderà possibile l’acquisizione, ma anche l’esposizione dell’installazione Il tempo consuma, che è al centro di un progetto espositivo più ampio, oltre a una serie di altri eventi, tutti incentrati sull’opera di Sambin, già avviati a partire da novembre 2021. Tra questi vi è anche il re-enactment della performance originale e la creazione di una nuova installazione immersiva, a partire dal video storico, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali. Una digressione tecnico-poetica dall’analogico al digitale. La mostra è stata allestita anche con la collaborazione degli studenti del liceo artistico “Nino Della Notte” di Poggiardo, in Salento, a conferma della stretta sinergia che il Polo biblio-museale di Lecce ha avviato da tempo nel dialogo con le scuole del territorio.
La mostra si inserisce in una più ampia collaborazione che il Polo ha avviato con Cineclub Canudo in occasione della grande mostra antologica dedicata all’artista Paolo Gioli che è stata ospitata dal Museo Castromediano di Lecce lo scorso anno.
Il progetto è patrocinato dall’Assessorato alla Cultura della Regione Puglia, Apulia Film Commission, Polo biblio-museale di Lecce, Provincia e Comune di Lecce, DAMS dell’Università del Salento, Accademia di Belle Arti e Conservatorio di Lecce e può contare, inoltre, sulla collaborazione dei festival Avvistamenti e Instants Vidéo di Marsiglia, dove dal 12 novembre 2021 al 13 febbraio 2022, nell’ambito della 34 edizione del festival, è allestita, a La Friche la Belle de Mai, una mostra di Michele Sambin, che propone Il tempo consuma, insieme ad altre opere dell’artista padovano. Nella stessa occasione, il 12 novembre è stato proiettato il film Più de la vità (2019) di Raffaella Rivi, che racconta quattro decenni del percorso artistico di Michele Sambin, seguito da un incontro con la regista, Sambin, Bruno Di Marino e Marc Mercier, direttore artistico del festival francese.
Dal 29 gennaio al 27 marzo 2022, la mostra, in una versione più ampia, fa tappa al Museo Castromediano di Lecce, il più antico museo pubblico di Puglia, dove sarà visitabile tutti i giorni, dal martedì alla domenica, negli orari di apertura del museo.
La mostra comprende anche la scultura 10 travi prismatiche (1975/2021), realizzata nel periodo della frequentazione veneziana diche Sambin intrattenne con il grande scultore Mark di Suvero. Quest’opera andò poi distrutta alla fine di quel decennio ed è stata ri-costruita per l’occasione, ma è installata nell’Ovile, la casa-atelier dell’artista a Cannole, a pochi chilometri da Lecce. L’idea è quella di un percorso espositivo espanso, che si prolunghi fuori dal museo, permettendo allo spettatore di accedere direttamente all’ambiente esistenziale e creativo di Sambin, fruendo l’opera nello spazio naturale in cui è stata assemblata e in cui respira. Per l’occasione saranno organizzate delle visite alla mostra, al museo Castromediano e all’Ovile, in orari e giorni concordati con l’artista.
Archè/Téchne al Museo Castromediano può essere considerato un omaggio a Michele Sambin, un artista totale, che ha attraversato i diversi campi della creatività facendoli interagire tra loro: dal cinema al video, dal teatro alla musica, dalla scultura alla pittura e al disegno. Uno sperimentatore solitario, controcorrente, in anticipo sui tempi, le cui geniali intuizioni ne fanno un pioniere nel campo della videoarte. Il titolo del progetto evidenzia come nell’immaginario di Sambin il saper fare artistico, ma anche manuale e artigianale (téchne), non può essere disgiunto dalla ricerca sulle peculiarità del dispositivo tecnologico, che si è evoluto nel corso dei decenni. Il continuo riferirsi alle origini millenarie della cultura artistica dà vita a un unico e suggestivo discorso, in cui l’arte del presente e del passato ci indica nuove vie per il futuro.
Sambin è sempre stato estraneo a qualsiasi movimento o tendenza artistica, inclassificabile, alieno al sistema dell’arte (eccetto nel periodo in cui ha fatto parte della Galleria del Cavallinodi Venezia, che fu comunque un laboratorio fuori dagli schemi). Ed è qui che nasce, nel 1978, la performance Il tempo consuma, durante l’annuale laboratorio dedicato alla produzione video (Dino Marangon, Videotapes del Cavallino, Edizioni del Cavallino, Venezia 2004). Sotto questo titolo si raccolgono opere declinate in forme diverse: in origine è una performance che utilizza il sistema videoloop, una tecnica originale inventata da Sambin, che consiste nell’utilizzo di due videoregistratori a bobina aperta, sui quali fa passare un anello di nastro magnetico. Uno dei due lettori è collegato a uno dei due monitor in diretta; l’altro schermo trasmette invece in differita. Sfruttando il ritardo tra l’immagine registrata e quella trasmessa Sambin riesce a realizzare il suo loop, muovendo ritmicamente il proprio corpo come un metronomo e scandendo le parole: «il tempo consuma le immagini; il tempo consuma i suoni». Attraverso cicliche sovrapposizioni si crea un’accelerazione del deterioramento dell’immagine e del suono: le parole e i movimenti del corpo si trasformano assumendo un nuovo senso. A partire dal 1978 la performance è stata proposta live in varie occasioni tra cui: Galleria del Cavallino (Ve), Galleria Bevilacqua La Masa (Ve), Sala Polivalente – Palazzo dei Diamanti (Fe). Nel 1980, invitato da Vittorio Fagone per la Mostra Camere incantate al Palazzo Reale di Milano, Sambin crea una videoinstallazione (da non confondersi con l’opera video del 1978) composta da una serie di video realizzati con la tecnica videoloop e che consisteva nella diffusione contemporanea, su nove monitor a tubo catodico, dei diversi video creati per l’occasione e riprodotti da tre videoregistratori.
Pur essendo nato e residente a Padova – nonché legato a Venezia, ai suoi colori, alla sua cultura figurativa – Sambin intrattiene da diversi anni con la Puglia un rapporto affettivo: vive gran parte dell’anno in provincia di Lecce, in un ovile che ha ristrutturato e che rappresenta il suo buen retiro; un luogo dove meditare e lavorare. Da alcuni anni questo legame si consolida, grazie alla collaborazione con il Cineclub Canudo e il festival Avvistamenti, che gli dedica una retrospettiva e una mostra nel 2015, per poi approdare al Museo Castromediano di Lecce, luogo inclusivo e interdisciplinare, che acquisirà nella propria collezione permanente l’opera Il tempo consuma, che sarà esposta in un singolare allestimento, in dialogo con le opere archeologiche della collezione.
L’allestimento site specific dell’installazione sarà realizzato in dialogo con la particolare architettura del museo che la ospiterà e con la sua duplice vocazione all’archeologia e al contemporaneo: il tema dell’opera, che attraversa tutto il lavoro di Sambin, ha a che fare direttamente con questa dimensione circolare del tempo e con i continui rimandi tra presente, passato e futuro. L’opera sarà installata al centro della prima sala che lo spettatore incontra immediatamente dopo l’ingresso del museo: le tre pareti/schermo dell’installazione sono inscritte nell’ambiente circolare della sala. Le rampe elicoidali che conducono al piano superiore sono una sorta di rappresentazione architettonica del concetto di loop. I visitatori potranno accedere all’interno di un ambiente visivo/sonoro di carattere immersivo, che data la sua dimensione immateriale rimane in comunicazione con gli ambienti adiacenti. Gli spettatori che saliranno al primo piano per la visita alle sale archeologiche attraverseranno l’opera abitandola e vivendola in prima persona. Percorrendo in seguito le rampe, in salita e in discesa, lo spettatore avrà una percezione espansa della stessa installazione, poiché le immagini esploderanno oltre gli schermi, andando a colpire sia le articolate forme architettoniche del museo, che i visitatori che percorreranno le rampe. Tutto questo avrà, come ovvio, un carattere immateriale e temporaneo, necessario al tempo dell’esposizione. Per fare in modo che il museo possa arricchire la propria collezione anche attraverso un’opera materiale di più semplice riproposizione è prevista la realizzazione di una serie di sequenze foto/grafiche che fissano in modo statico ciò che viene proposto dalle immagini in movimento, attraverso interventi pittorici su still tratte dai video, esposte per mezzo di light-box.
La mostra propone opere realizzate nell’arco di cinquant’anni, a partire da lavori pittorici, lasciati in sospeso nel 1970, che l’artista completa in questa occasione; per proseguire con altri progetti che segnano le tappe fondamentali del suo percorso nelle arti e che mettono in gioco i diversi medium che l’hanno caratterizzato: pittura, disegno, installazione, teatro; per concludersi con la presentazione dell’ultima opera: Dentro alle cose, un lungometraggio che verrà proiettato in anteprima il giorno dell’inaugurazione al Castromediano.
Il progetto ha visto inoltre la realizzazione della XIX edizione di Avvistamenti, organizzata dal Cineclub Canudo e diretta da Antonio Musci e Daniela Di Niso, svoltasi dal 27 al 30 dicembre 2021, con un programma di proiezioni, performance e workshop che hanno coinvolto circa trenta artisti, invitati a dialogare artisticamente con l’opera viva e multiforme di Michele Sambin.
Il catalogo della mostra, pubblicato da Silvana Editoriale, conterrà saggi critici di esperti di fama internazionale, tra cui Virginia Baradel, Marc Mercier, Peter Benson Miller, Lisa Parolo, Marco Senaldi, oltre a un’appassionante memoria dello stesso Sambin e una serie di altri apparati.
Museo Castromediano
viale Gallipoli 28, Lecce
Tel. 0832 373 572
App: IO PRENOTO
Orari d’apertura del Museo, nel periodo in cui sarà attivo l’hub vaccinale.
martedì-venerdì: 19.00-21.00